Autore: Ilaria Taurino
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22 gennaio 2024
Leggere i dati, in questo caso dell’INAIL, è sempre un punto di partenza utile per inquadrare i problemi. Riporto qui di seguito un estratto dell’articolo di Lorenza Raffaello uscito oggi 22 gennaio 2024 sulla Tribuna di Treviso: “ Malati di lavoro: 50 denunce al mese. Patologie e stress più 10% in 4 anni . Malattie professionali in aumento nella Marca, terra di manifattura. In soli quattro anni le denunce presso l’Inail di Treviso sono aumentate del 10%. Principalmente disturbi del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo , ma quello che salta all’occhio è il netto aumento delle malattie legate al sistema nervoso e i disturbi psichici e comportamentali . Una categoria di disturbo che include emicrania, cefalee, epilessia, disturbi del linguaggio, del movimento, del sonno, encefalite, ovvero i sintomi in cui si riconoscono i lavoratori che stanno affrontando tensioni e alti livelli di stress sul posto di lavoro . L’Inail stesso è interessato all’emersione delle malattie professionali, che un tempo venivano trattate come malattie comuni, questo permette di attivare strategie preventive, promuovendo modelli organizzativi in azienda che riducano il rischio e incrementando la sorveglianza sanitaria».” Dobbiamo leggere questi dati come la punta di un iceberg di cui non vediamo la parte sommersa: tutti coloro che non denunciano e tutti coloro che soffrono di una sintomatologia lieve. Questo tema per il mondo del lavoro, per l’INAIL e per la sanità pubblica ha un impatto enorme. Sono poi anche rilevanti le conseguenze su aspetti di natura psicologica e sociale (la capacità delle persone di star bene con se stessi e con gli altri). Lo stretto legame tra benessere psicologico e salute fisica è scientificamente dimostrato e pian piano culturalmente riconosciuto, ma ancor poco si fa nei luoghi di lavoro per adottare nuovi modelli di comportamento capaci di prevenire livelli di stress tossico nei collaboratori. Il contesto lavorativo ha un ruolo fondamentale e i dati dell’INAIL lo mettono in evidenza. A supporto di un cambiamento culturale ci sono i vantaggi che i datori di lavoro possono ottenere da una gestione organizzativa centrata sulla persona , capace di prendersi cura di ciascun collaboratore. I vantaggi sono: il miglioramento delle performance, minor assenteismo, minor turnover, aumento della capacità attrattiva dei talenti, aumento del livello di fidelizzazione e commitment. Ovviamente tutto ciò ha una ricaduta di natura economica e dimostra come il prendersi cura dei collaboratori non sia unicamente un tema etico. Anche se l’aspetto etico a mio avviso sarebbe già sufficiente per motivare un cambiamento! C’è una convinzione limitante che governa il nostro modo di considerare il mondo del lavoro: esiste una sorta di dicotomia tra benessere e lavoro, è un po’ come se pensassimo che se ti diverti, se stai bene, se non soffri non stai lavorando abbastanza… Le motivazione hanno radici profonde e probabilmente deriva anche da una cultura del lavoro che fino a poco tempo fa si basava sul numero di ore lavorate e sul numero di pezzi prodotti al giorno, sul fatto che il capo era bravo se spingeva la produzione al limite delle sue capacità e quindi anche gli operai. Ma nel 2024 cosa ce ne facciamo di quel modo di lavorare? Oggi che ciò che fa la differenza è la redditività! Oggi, che più che di manodopera a basso costo, abbiamo bisogno di menti brillanti coinvolte e motivate, dobbiamo adottare nuovi modelli di leadership , meno basati sul comando e controllo e molto di più sulla capacità di ispirare e guidare. Il miglior leader cerca l’autonomia dei suoi collaboratori non la dipendenza (in realtà possiamo anche smettere di chiamarli dipendenti!) Quando, dopo la pandemia di Covid 19, si è verificato il fenomeno delle Grandi Dimissioni, sono stati condotti numerosi sondaggi per scoprirne le cause ed è emerso che tra quelle principali i lavoratori indicano il clima aziendale e la relazione con il proprio superiore. Una ricerca di Gullap recentemente pubblicata indica che il coinvolgimento dei lavoratori dipende al 70% dalla capacità del leader. L’ultimo Report Future of Jobs che elenca le competenze chiave dei prossimi 5 anni, mette al quarto posto la leadership e l’influenza sociale (dopo “pensiero analitico”, “pensiero critico” e “IA e dei Big Data”). Tutto ciò a dimostrazione che il leader ha in azienda, oggi più che mai, una responsabilità enorme sulla motivazione delle persone, sulla loro salute e di conseguenza sul successo dell’azienda. Resta fondamentale la cura nella fase di selezione, ma, per tutti gli altri che sono già leader, assicuro che le competenze di leadership si possono apprendere ! Voglio concludere con le parole di Daniel Goleman tratte da “Leadership emotiva”: “In un ambiente di lavoro, qualunque esso sia, il suono di una risata è insomma un indice della temperatura emotiva del gruppo, un segnale inequivocabile del coinvolgimento attivo delle persone, impegnate con il cuore e con la mente. … Ridere è un segnale di fiducia e benessere.”